RIGOLETTO – Teatro Regio di Torino – 9 febbraio 2019

RIGOLETTO – Teatro Regio di Torino – 9 febbraio 2019
Quando un titolo d’opera ricorre troppo spesso nei cartelloni delle varie stagioni, il mio immaginario artistico li decodifica come ‘abusati’ e di conseguenza talvolta  mi approccio con il senso del dejà vu; grazie a Dio però le mie dubbiose attese vengono sovente  smentite in meglio, come è successo al Rigoletto di cui vado a raccontare le mie emozioni!   Rigoletto Melodramma in tre atti Libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma Le Roi s’amuse di Victor Hugo Musica di Giuseppe Verdi Personaggi Interpreti Rigoletto, buffone di corte baritono Amartuvshin Enkhbat Gilda, sua figlia soprano Gilda Fiume  Il duca di Mantova tenore Iván Ayón Rivas  Sparafucile, bravo basso Romano Dal Zovo  Maddalena, sua sorella mezzosoprano Carmen Topciu Giovanna, custode di Gilda mezzosoprano Carlotta Vichi Il conte di Monterone baritono Alessio Verna Marullo, cavaliere baritono Paolo Maria Orecchia Matteo Borsa, cortigiano tenore Luca Casalin Il conte di Ceprano basso Federico Benetti La contessa, sua sposa mezzosoprano Claudia De Pian Un usciere di corte basso Giuseppe Capoferri Il paggio della duchessa soprano Ashley Milanese Direttore d’orchestra Renato Palumbo Regia John Turturro Regista collaboratore Cecilia Ligorio Coreografia Giuseppe Bonanno Scene Francesco Frigeri Costumi Marco Piemontese Luci Alessandro Carletti Riprese da Ludovico Gobbi Assistente ai costumi Sara Marcucci Maestro del coro Andrea Secchi   Orchestra e Coro del Teatro Regio Nuovo allestimento in coproduzione con Teatro Massimo di Palermo, Shaanxi Opera House (Xi’an, Cina) e Opéra Royal de Wallonie-Liège   Buio in sala e sul palcoscenico…solo la luce di una lanterna squarcia il buio assoluto al suo ingresso in scena alle prime vigorose note dell’ouverture e fin da queste si intende la vivacità passionale dell’interpretazione direzionale che imprime Renato Palumbo, importante direttore, alla superba orchestra del Teatro Regio di Torino. La scena realizzata con elegante sobrietà da  Francesco Frigeri, ha i colori dei dipinti di qualche secolo fa, ma riadattati  con soffuse tonalità contemporanee. L’ambientazione voluta da John Turturro, alla sua prima regia operistica,  è cupa, come è cupamente atroce la vicenda, che lascia spazio ai soli sentimenti di Rigoletto, ma che il fuoco dell’assenza di scrupoli li annienta negli altri personaggi. Registicamente è interessante per i movimenti molto curati e non banali, grazie anche a Cecilia Ligorio, regista collaboratore e già apprezzata in regie anche ardue. L’unica mia perplessità è al finale quando si evidenzia  il sacco che Rigoletto scopre realmente vuoto e l’apparizione di Gilda che da sola, in preda agli ultimi affanni, si farà avvolgere dal sacco funebre. Ottima la scena sempre avviluppata dai fumi nebbiosi che ottenebrano  Mantova e veramente apprezzate le luci di Alessandro Carletti,  riprese da Ludovico Gobbi,  con la scelta di  tagli quasi geometrici per non intaccare con alcuna morbidezza la cruda vicenda e suggestiva l’inquietante  ed atroce alba con nudi alberi che si stagliano alla luce angosciante di un nuovo, ultimo giorno. La casa di Gilda è semplice, ma traspare una sorta di benessere dal letto ‘a barca’ probabilmente un Carlo x°; per contro l’abitazione di Sparafucile è inclinata su un lato, ovvero storta, così come non è lineare  la vita che si consuma all’interno: un uccisore prezzolato di professione e dalla sorella che concupisce le vittime per offrirle alla lama della spada del fratello. I momenti di divertimento scomposto a palazzo ducale sono davvero ben congeniati anche con le coreografie misurate ed  efficaci di Giuseppe Bonanno, assistente Sara Marcucci, esaltate dai costumi eleganti ed arditi di Marco Piemontese che molto donano all’insieme. Amartuvshin Enkhbat , recentemente scoperto prima al Coccia di Novara e poi in Arena a Verona nei panni di Nabucco, lo ritroviamo qui in quelli del buffone di corte interpretato con buona...

AL CAVALLINO BIANCO – Teatro Coccia – Novara, 27 gennaio 2019

AL CAVALLINO BIANCO – Teatro Coccia – Novara, 27 gennaio 2019
Un ridente albergo immerso nelle montagne fa da sfondo all’intreccio amoroso della proprietaria Gioseffa, innamorata di un avvocato. Leopoldo, primo cameriere, ama Gioseffa, non corrisposto. Una lite commerciale per una questione di mutande permetterà all’avvocato di innamorarsi della figlia dell’industriale Petronio Bottazzi che inventò le ‘mutande Maranello’, la parte avversa della causa. Questa è la sintesi della trama de ‘Al Cavallino Bianco’ l’operetta più rappresentata a mondo, dopo La Vedova allegra. Tra i titoli della fertile stagione del Coccia, brilla anche questo! AL CAVALLINO BIANCO – Teatro Coccia – Novara, 27 gennaio 2019 Operetta in due atti di Ralph Bénatzky Corpo di ballo Novecento – Orchestra Cantieri d’Arte, diretta da Stefano Giaroli Scene e costumi Artemio Cabassi Coreografie Salvatore Loritto Regia Alessandro Brachetti Produzione Fantasia in Re Leopoldo | Antonio Colamorea Gioseffa | Susie Georgiadis Sigismondo Cogoli | Alessandro Brachetti Claretta Hintzelmann | Silvia Felisetti Piergiorgio Bellati | Domingo Stasi Ottilia Bottazzi | Elena Rapita Petronio Bottazzi | Fulvio Massa Prof. Hintzelmann | Marco Falsetti   Soria più unica che rara quella di ‘Al Cavallino Bianco’: infatti ancorchè firmata da Ralph Benatzky è in realtà frutto del lavoro di ben cinque compositori e forse da questo deriva lo sfavillio di questa  operetta.  Lo stesso Benatzky cantò il “Cavallino bianco” sul Wolfgangsee, nella parte in cui l’imperatore Francesco Giuseppe appare come Deus ex machina. La rappresentazione novarese è curata da Produzione Fantasia in Re con la briosa regia di Alessandro Brachetti, anche capocomico e brillante  interprete di Sigismondo, affettato dandy che attende di più alla  cura del proprio sopracciglio che a tutto il resto, senza però trascurare di ‘fare il filo’ e condurre poi a giunte nozze Claretta, Silvia Felisetti,  nonostante evidente difetto di pronuncia; entrambi ottimi interpreti sia dal punto di vista vocale che   d’attore. La messa in scena è davvero semplice, ma coerente con lo stile delle operette e la sua linearità paga, così come i costumi ideati dallo stesso scenografo Artemio Cabassi. Il primo cameriere Leopoldo è interpretato da Antonio Colamorea, valido e simpatico interprete dello sfortunato (fino a cinque minuti dal lieto fine) perché non riamato da Gioseffa, Susie Georgiadis: voce squillante e spigliatezza da protagonista. La storia ingarbugliata vede anche l’apprezzabile  Domingo Stasi nei panni dell’avvocato Piergiorgio Bellati il quale finirà per far innamorare Ottilia Bottazzi interpretata con dolce vivacità da Elena Rapita; il padre di Ottilia è l’industriali Petronio Bottazzi, Fulvio Massa,  il quale  ha positivamente colpito fin dalle prime batture per solidità vocale e soprattutto interpretativa. Buon caricaturista Marco Falsetti nel ruolo del prof. Hintzelmann sfortunato inventore che per trascorrere qualche giorno di villeggiatura deve contrattare sul prezzo. Con la tipicità della messa in scena delle operette anche qui troviamo le danze eseguite dal Corpo di ballo Novecento con sei ballerine e due ballerini che parafrasano l’aria di Leopoldo per passare poi alle danze tirolesi con vivacità e dinamicità in virtù della coreografia di Salvatore Loritto. Esprimendosi ancora una volta a suo favore, il Teatro Coccia si avvale di musica dal vivo ed in questo caso l’Orchestra Cantieri d’Arte, diretta da Stefano Giaroli: buona esecuzione in spirito con la realizzazione che sta tra l’operetta ed il musical, con accenti da opera comica in alcuni passaggi musicali. Direzione attenta e di stile che affronta egregiamente i virtuosismi della partitura. Riporto quale chiosa un’annotazione dal libro di sala, che pur riferendosi alla prima del 1930, ben si addice anche a questa spumeggiante  produzione: Il 10 novembre 1930, recensendo la prima mondiale de Al Cavallino Bianco, il Berliner Tageblatt...

Il castello di Kenilworth – Donizetti Opera Festival 2 dicembre 2018

Il castello di Kenilworth – Donizetti Opera Festival 2 dicembre 2018
Bergamo sta divenendo tappa obbligata per i melomani e per i cultori della ricerca e della proposta che al Donizetti Opera Festival sono peculiarità vive e brillanti; ogni elemento della costruzione dell’opera rappresenta un tassello importante e qui ogni tassello è trattato come un gioiello prezioso. Il castello di Kenilworth – Donizetti Opera Festival 2 dicembre 2018 Melodramma di Andrea Leone Tottola Musica di Gaetano Donizetti Elisabetta             Jessica Pratt Amelia                  Carmela Remigio Leicester               Francisco Brito Warney                 Stefan Pop Lambourne          Dario Russo Fanny                   Federica Valli Direttore              Riccardo Frizza Regia                    Maria Pilar Pérez Aspa Scene                      Angelo Sala Costumi                 Ursula Patzak Lighting design    Fiammetta Baldiserri Assistente regia   Federico Bertolani Assistente costumi  Nika Campisi Orchestra Donizetti Opera Coro Donizetti Opera Maestro del coro Fabio Tartari Nuovo allestimento e produzione della Fondazione Teatro Donizetti   Il castello di Kenilworth  è la prima opera di Gaetano Donizetti che vede contrapposte due donne, ove le diverse sfumature femminili si confrontano nel duello dei sentimenti, del potere e del perdono. Dopo “Il Castello” vedranno la luce altre opere di ispirazione storica inglese dove sono i ruoli femminili ad essere primari: Anna Bolena,  Maria Stuarda e Roberto Devereux.  Il castello di Kenilworth  rappresenta anche la linea di demarcazione tra le opere donizettiane  che stanno lasciando il classico dramma per raccontare drammi più romantici e lasciare anche alle spalle la fruttuosa impronta di Gioacchino Rossini.   In contrapposizione all’Enrico di Borgogna, vista la settimana scorsa, ne Il castello la scenografia di Angelo Sala  è ridotta all’essenziale, ma la pedana con piano inclinato favorisce ottima prospettiva d’insieme impreziosita dalle luci disegnate da Fiammetta Baldisseri che ha privilegiato i chiaro scuri optando per tinte contemporanea come i toni di tortora sfumati di lilla, piuttosto che i grigi che guardano al blu.  Illuminati da queste belle luci i costumi tagliati classicamente da Ursula Patzak hanno un risalto importante che imprime caratterialità ad ogni personaggio. Circa la regia, che ha saputo sfruttare l’ingresso e l’uscita degli arredi di scena a cura del coro in vero e proprio movimento o flash d’immagine che si staglia contro il fondale , è giusto ricordare anche l’Assistente alla  regia Federico Bertolani, così come il merito va riconosciuto anche a Nika Campisi, assistente ai costumi.   Il Coro del Donizetti Opera è punto di riferimento sia per le abilità interpretative attoriali, che ovviamente per la resa vocale di pregio e sotto la direzione di Fabio Tartari tratteggia espressività e pregevolezza. L’orchestra Donizetti Opera sotto la guida brillante di Riccardo Frizza ha creato belle atmosfere romantiche fin dall’ouverture; sfumato e delicato il momento con l’Armonica a bicchieri, ovvero  la glassa armonica con l’aria di  Amelia che viene veramente vissuto come  il preludio alla Lucia di Lammermoor, che sempre al San Carlo di Napoli verrà rappresentata sei anni dopo.  Proprio a proposito di questo importante tratto dell’opera è bello parlare di   Carmela Remigio che svela tutte le sue capacità interpretative sfoggiando le qualità dell’attrice di teatro unite ad una vocalità di tutto pregio  che morbidamente emoziona e poi coinvolge con acuti brillanti: cammina su un tavolo che diventa passerella e con una carica notevole ipnotizza lo spettatore; in “alimenti ancor nel seno” il bel colore e le agilità esplodono con voce squillante. Fanny è interpretata da Federica Valli che con le poche battute affidatele rivela caratterialità e precisione nella brillante emissione. Dario Russo espone un buon colore nel ruolo di Lambourne, mentre il difficile ruolo di...

DUO MELONI/REBAUDENGO – Teatro Coccia Novara 27 nov. 2018

DUO MELONI/REBAUDENGO – Teatro Coccia Novara 27 nov. 2018
Un clarinetto, un pianoforte ed un libraio scrittore che legge? E’ invitante? Non so! La curiosità però è forte e dall’alto della mia incrollabile forza, cedo alla curiosità, che risulterà appagata insieme allo spirito indagatore e ricercatore.  DUO MELONI/REBAUDENGO – Teatro Coccia Novara 27 nov. 2018 Fabrizio Meloni – clarinetto Andrea Rebaudengo – pianoforte Con Alessandro Barbaglia, libraio e scrittore Programma: F. Sebastiani Parafrasi da concerto su temi di Norma di V. Bellini F. Sebastiani Parafrasi da concerto su temi della Semiramide G. Rossini F. Liszt Parafrasi sul Rigoletto di G. Verdi (pianoforte solo) C.m von Weber Gran duo concertante per clarinetto e pianoforte F. Poulenc Sonata per Clarinetto e Pianoforte   Berna è una città fredda e l’amico ebreo che vive con me, che sono una lampada da studio, sente questo freddo, ma  pensa in musica, perche noi diveniamo dalla musica, perché l’universo è musica. Con questa riflessione che ho sintetizzato al limite del comprensibile, l’ottimo interprete –libraio e scrittore che ha un bosco vicino al lago d’Orta- Alessandro Barbaglia, lasciando planare i fogli ad uno ad uno dopo la lettura, ha introdotto il concerto parlando del Pensare in Musica, che è il titolo del gradevole concerto offerto subito dopo da Fabrizio Meloni al clarinetto e Andrea Rebaudengo al pianoforte. Casta Diva in parafrasi da concerto sui temi di Norma di Vincenzo Bellini, apre il concerto e la dolcezza del flauto  dello scaligero Fabrizio Meloni  pervade di sensibilità in modo soffuso ed accogliente, che arriva alle agilità quasi in punta di piedi, tanto è  raffinata l’interpretazione. Ed il pianoforte di Andrea Rebaudengo non è da meno sia per agilità che per ricercata interpretazione. Questi alla seconda proposta che prevede arie dalla Semiramide di Rossini  offre un tappeto dai colori ora tenui ora vividi su cui si appoggia la voce del clarinetto ricca di ricercate agilità. La parafrasi su Rigoletto di Giuseppe Verdi è lasciata al solo pianoforte che da Bella figlia dell’Amore si sviluppa in virtuosismi senza spettacolarità, incentrandosi invece sulle sostanziali vibranti emozioni. Incontrando Weber, incontriamo altre sonorità, forte espressività ed intimismi profondi che esplodono poi con le variazioni al finale. Con Poulenc ha il sopravvento la prorompente modernità dai colori contrapposti che si accarezzano con piacere, per l’offerta quasi sotto voce che va a disperdersi nello spazio, tra silenzi e le  impennate descrittive di un movimento giocoso. I bis gradevolissimi sono la Ninna nanna di Emanuele Pedrani  contrabbassista in Scala e poi l’avvolgente Oblivion di Astor Piazzolla. Stavo dimenticando di raccontare che all’inizio del secondo tempo è ritornato sul palco Alessandro Barbaglia che parlando di suoni del violino, di equazione di Dio, di geometria, di fisica, di matematica alla fine ha ammesso che stava parlando della teoria della  relatività e che l’amico era Albert Einstein! La Musica vince sempre. Renzo Bellardone   credit foto Mario...

ENRICO di BORGOGNA – Donizetti opera Festival 2018 (25 novembre)

ENRICO di BORGOGNA – Donizetti opera Festival 2018 (25 novembre)
Se Parigi val bene una Messa Bergamo val bene un’ Opera di Gaetano Donizetti e grazie alla visione dell’Organizzazione bergamasca da qualche anno il Festival acquista sempre più valore e suscita sempre più interesse tra il pubblico di melomani ed appassionati di lirica.   ENRICO DI BORGOGNA – Donizetti Opera Festival 2018 Melodramma per musica di Bartolomeo Merelli Musica di Gaetano Donizetti   Prima rappresentazione: Venezia, Teatro Vendramin San Luca, 14 novembre 1818 Revisione critica a cura di Anders Wiklund (2018)   Enrico Anna Bonitatibus Pietro Francesco Castoro Elisa Sonia Ganassi Guido Levy Sekgapane Gilberto Luca Tittoto Brunone Lorenzo Barbieri Nicola Matteo Mezzaro Geltrude Federica Vitali   Direttore Alessandro De Marchi Regia Silvia Paoli Scene Andrea Belli Costumi Valeria Donata Bettella Lighting design Fiammetta Baldiserri Assistente alla regia Tecla Gucci   Academia Montis Regalis Coro Donizetti Opera Maestro del coro Fabio Tartari  Nuovo allestimento e produzione della Fondazione Teatro Donizetti in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Diciamo che l’espediente del ‘teatro nel teatro’ è cosa vista e rivista, ma in Enrico di Borgogna al Donizetti Opera Festival 2018, l’illuminata regista  Silvia Paoli, non creato un giochino da nulla, ma anzi ha saputo ricreare un’atmosfera molto particolare che io amo molto: l’atmosfera del backstage, che in questo caso è stata riportata in frontstage con tutto quello che ne deriva. L’idea dell’ambientazione nell’ideale teatro Vendramin San Luca che ne vide la prima  rappresentazione esattamente 200 anni fa, del regista, del suggeritore, del trova robe e degli attrezzisti in bella mostra, così come a vista l’ingresso e l’uscita degli interpreti  su questo palco girevole che un po’ è sipario ed un po’ è retro palco in fase di organizzazione, è per me semplicemente geniale oltre che estremamente divertente.  Le luci ben studiate ed opportunamente utilizzate dal design di Fiammetta Baldissera hanno coadiuvato anche l’allegra scenografia di Andrea Belli  con l’assistente Tecla Gucci, che in una fantasmagoria di colori ha accolto i costumi sgargianti, fantasiosi ed anche un pò circensi di Valeria Donata Bettella a cui va un applauso anche per le ridicoleggianti parrucche. Insomma un’opera seria, nelle mani di gente capace, è diventata un’opera ricca di fantasia  e di calamitante attenzione. La scrittura guarda al passato  tra marcati rimandi rossiniani con anche  l’utilizzo del fortepiano; Alessandro De Marchi,  ottimo conoscitore ed esperto di tal genere musicale, ha infatti diretto con maestria e caparbietà coinvolgendo la sua orchestra, l’Accademia Montis Regalis,  fino a trarne una esecuzione davvero brillante ed assolutamente piacevole. Altro buon merito va rivolto al Coro Donizetti Opera che si avvale di validi artisti a tutto tondo che sotto la direzione di Fabio Tartari  esprimono sfumature di grande interesse per vocalità e poi anche per interpretazione attoriale. Il cast di tutto pregio ha visto Anna Bonitatibus nel ruolo del titolo en travesti, affrontato con  l’acquisita solida tecnica,  arricchita da pregevolezza vocale che le hanno consentito abilmente di cogliere le sfumature anche delle note più alte affidate al suo personaggio reso con brillantezza.  Sonia Ganassi riveste i  panni di Elisa che sa esprimere con agilità, timbricità e grande forza interpretativa con il colore caldo ed ambrato che la contraddistingue. L’altra donna in scena è Federica Valli che con ironia scenica  e capacità vocale ha interpretato Gertrude in modo più che brillante.   Enrico di Borgogna è certamente opera poco rappresentata, ma in questa particolarissima edizione si ha dettagliatamente avuto modo di apprezzarne l’insieme. Pietro il pastore incontra Francesco Castoro quale interprete apprezzato per un bel colore ed impostazione tenorile  caratterizzata da pienezza morbida e armoniosa. Levi Sekgapane interpreta Guido e seppur con voce non penetrante, interpreta...