La ripresa…il tornare a teatro NON ha prezzo! L’entusiasmo e il desiderio della scena, della musica, dello spettacolo d’autore pulsano fortemente alle tempie e ritrovarsi in sala con Direttrice teatro, regista e scenografo che raccontano quello che fra poco si andrà ad ascoltare e vedere, riempie cuore e testa di emozioni. IL CASTELLO DI BARBABLU’ Teatro Coccia Novara 23 ottobre 2021Orchestrazione per organico orchestrale ridotto Paola Magnanini e Salvatore Passantino (Accademia AMO)Musica di Béla BartókLibretto di Béla BalázsTraduzione di Hannah Gelesz e Deda Cristina ColonnaDirettore Marco AlibrandoRegia Deda Cristina ColonnaAssistente alla regia Hannah GeleszScene e costumi Matteo CapobiancoBarbablù Andrea MastroniJudith Mary Elizabeth WilliamsPrologo Giuditta Pascucci, Carolina RapilloOrchestra del Teatro CocciaCoproduzione Fondazione Teatro Coccia e Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi L’opera non è delle più conosciute e rappresentate, quindi mi ritengo ben fortunato ad aver già avuto altre occasioni per assimilare l’ineguagliabile bello dell’ascolto dell’unica (peccato) opera di Béla Bartók! Non sono musicista, ma il frequente ascolto dal vivo di Musica ben elevata, mi fa apprezzare enormemente questa composizione viva, ricca di fermenti, impeti, passione ed espressiva intimità. Non basterebbero 1000 pagine ad illustrare le sfaccettature di questa scrittura imponente che seppure prevista per un organico di almeno novanta elementi, con un lavoro certosino e di assoluta qualità l’abbiamo ascoltata proposta da un organico musicale di soli 23 elementi. Il merito di questa orchestrazione per organico ridotto va a Paola Magnanini e Salvatore Passantino dell’Accademia AMO, realizzata sotto la preziosa supervisione di Marco Taralli. Uno degli aspetti più interessanti dell’opera di Béla Bartók è senz’altro quello del rapporto tra il metro verbale e quello musicale. Per la prima volta la lingua ungherese non risulta violentata e deformata dalle esigenze della musica e come è stato esposto durante la presentazione la trasposizione in lingua italiana per i sottotitoli è stata curata con attenzione, fedeltà ed amore all’opera. Tutto emerge: il lamento, lo stridore, il grido, la speranza, l’illusione e la realtà, la rincorsa di un sogno, l’attesa della realizzazione ed il tormento dell’essere. Ma veniamo alla realizzazione registica di Deda Cristina Colonna che navigando tra le pagine fiabesche del castello del principe Barbablù, invece di soffermarsi all’immaginario collettivo del principe assassino uxoricida, spietatamente assetato di sangue, ha ricercato la psicologia ed il sogno del principe alla spasmodica ricerca di se stesso attraverso l’essere amato senza domande e condizioni. Aprendo una ad una le porte del castello, sulle femminee richieste di Judit, svela man mano il suo IO. La narrazione tiene con il fiato sospeso come in un giallo a lieto fine. La regia fin dalle proiezioni iniziali ha rappresentato con efficacia sorprendente questo suo percorso di ricerca ed ha reso Barbablù un essere umano con i suoi interrogativi e l’ambientazione scelta, realizzata con eleganza strutturale dallo scenografo Matteo Capobianco, ha contribuito alla rappresentazione dell’uomo Barbablù e della sua quarta ed ultima moglie Judit a cui dedica tute le notti, cosi come alle altre mogli racchiuse nell’ultima stanza aveva dedicato, il mattino, il mezzogiorno e l’imbrunire della sera. La direzione di Marco Alibrando è fresca ed al tempo stesso rigorosa, lasciando spazio alla passione che insegue le varie timbricità, gli stridori ed i quasi impercettibili soffi sopra le lacrime del lago. Agli interpreti va un applauso sincero: Mary Elisabeth Williams è un’accorata Judit che vive con grande forza interpretativa mantenendo il ritmo narrativo ed esprimendo una cifra vocale ben attagliata al ruolo. Andrea Mastroni può definirsi interprete di riferimento grazie alla voce che naturalmente bassa espone colori e profondità di tutto rilievo,...
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