Eugenia Burgoyne, nata a Valencia e diplomatasi a Wien, ha un bel percorso musicale anche in Italia; dopo la Scala, il Rof di Pesaro ed altri ben importanti teatri d’opera italiani, ora si appresta ad inaugurare la prestigiosa stagione della Corale Stefano Tempia di Torino, sotto la direzione del Maestro Guida, cantando nientemeno che la “Scena di Berenice” di F.J.Haydn su testo del Metastasio. INTERVISTA Eugenia, il tuo repertorio vanta autori appartenenti a varie epoche fino a giungere a Ravel e Rossini: quali sono le scritture che senti più vicine al tuo modo di essere e di vivere… All’inizio della mia carriera ho cantato tutti i generi del repertorio, soprattutto classici e romantici sia in Lied come in opera. Da qualche anno, la mia voce ha trovato la sua identità con la musica barocca e ha sentito una grande compenetrazione con questo stile. Nonostante la mia voce continui a svilupparsi, sto aggiungendo repertorio classico cosi come ruoli belcantisti, di Rossini in particolare. Il teatro d’opera, come tutte le realtà italiane sta vivendo un momento poco brillante dal punto di vista finanziario, mentre lo vedo molto vivace sotto l’aspetto delle iniziative e delle produzioni. Oltre al concerto con il Maestro Guida, a breve hai in programma altri concerti o opere in Italia o in Europa? Si, prossimamente farò dei concerti in Spagna con “L’Accademia Barocca Italiana” che dirige Stefano Molardi, tornerò a Mosca con un programma di musica barocca spagnola con l’ensemble “Questa Musica” che dirige Philipp Chizhevskiy e andrò in tourné con il ruolo di Ramiro dell’opera Motezuma di Vivaldi. Di te hanno scritto: “si è certamente distinta non solo per la freschezza con cui ha affrontato il suo ruolo, ma anche e sopratutto per l’eleganza del legato con cui ha dato espressione alle tenere melodie del migliore patetismo cimarosiano” e poi ancora “..Magnífica la linea musical de Eugenia Burgoyne”, ma tu come definisci il tuo canto? Io cerco di fare in modo che il mio canto sia un canto fedele. Un canto fedele alla musica e alle intenzioni del testo. Cerco sempre di curare l’emissione, e nel caso della Scena di Berenice, cerco ogni tipo di risorse vocali ed espressive per dare vita alle numerose sfumature che richiede il testo di Metastasio. In questo caso gli effetti sono molto contrastati poiché si tratta di un recitativo disperato, un’aria con una melodia delicata e dolce, per concludere con un Allegro pieno di estremi di tessitura ed acrobazie vocali per mostrare l’ angoscia e il desiderio di Berenice di morire per evitare la sofferenza. Certamente si giunge a cantare con la tua completezza stilistica dopo molto impegno ed attenzione sensibile…… Molto, moltissimo impegno, molto lavoro e molta perseveranza. È una continua ricerca per consolidare la tecnica e per curare stilisticamente ogni interpretazione, sempre osservando l’evoluzione naturale della voce per scegliere il repertorio giusto in ogni momento. Di tutta evidenza la tua partecipazione emotiva quando canti e questo ti rende onore, in quanto è un impreziosimento della salda tecnica Una volta un direttore di orchestra mi disse che quando ascolta un cantante in un teatro, non vuole avere la sensazione che sta bevendo un bicchiere di acqua, ma invece vuole sentire che sta godendo di un bel bicchiere di vino! Cioè che aveva bisogno di vibrare e di sentire un’ agitazione che lo porta ad un’altra dimensione. Quella definizione mi è piaciuta tanto. Affinché un artista ottenga questo, è necessario una grande padronanza della tecnica che permetta di offrire una ottima interpretazione per aggiungere poi quell’emozione della quale mi parli, innata nell’artista. Il mio desiderio in un concerto, è sempre che succeda qualcosa di speciale, che il pubblico vada a casa con...
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