LA JUIVE – Teatro Regio Torino 24 settembre 2023

LA JUIVE – Teatro Regio Torino 24 settembre 2023
Un titolo decisamente non così usuale ed impegnativo apre la stagione del Teatro Regio di Torino 2023/2024. Una vicenda intricata ed intrigante, Musica molto…molto bella ed allestimento spettacolare rendono questa produzione unica e di tutto rilievo nel panorama dei cartelloni operistici nazionali. La Juive| Fromental Halévy – Teatro Regio Torino 24 sett.2023 La juive (l’ebrea) è una delle opere più rappresentative del “Grand Opéra à la française” ed il libretto molto bello è di Eugène Scribe. L’azione si dipana in cinque atti che presentano situazioni spettacolari e che nella produzione del Teatro Regio superano ogni aspettativa. La messa in scena è talmente complessa ed articolata che non riesco a ricordare molti particolari e dettagli, anche in virtù delle quattro ore di musica e della straordinarietà dello spettacolo. La direzione è affidata a Daniel Oren, già apprezzato nel 2007 all’Opera Bastille di Parigi, nella conduzione della stessa opera. Oren è sicuramente uno dei più affermati direttori sulle scene teatrali del mondo, il quale dirige con passione, misura ed inevitabile coinvolgimento. Trae tutto il vigore e tutta l’intimità della narrazione musicale seguendo orchestra e cantanti con partecipazione ed attenzione. Il cast da qualche critico è stato definito ‘stellare’ e dopo averlo sentito non si può che concordare! Tutti quanti all’altezza del ruolo e in sintonia tra di loro, per cui il palco è risultato omogeneo e, tanto per ripetersi, davvero stellare. E’ la prima volta che sentivo e vedevo Mariangela Sicilia e mi ha vocalmente stupito nel ruolo di protagonista per l’estensione vocale e la naturalezza interpretativa ricca di espressività: decisamente coinvolta nel ruolo del titolo. Parimenti Martina Russomanno ha dato prova di agilità e fraseggio che hanno tratteggiato il ruolo della sensuale principessa. Applausi a scena aperta per tutti, ma Gregory Kunde ha estasiato per potenza, duttilità, fraseggio ed interpretazione, riuscendo a disegnare ogni aspetto ed ogni sentimento del suo Eléazar (dal podio anche D.Oren non ha trattenuto un applauso dedicato). Iohan Hotea ha reso Leopold con voce chiara ed armoniosa e Riccardo Zanellato con bel timbro e colore ha interpretato il cardinale facendo emergere tutta la caratterialità del personaggio. Bravi anche tutti gli altri interpreti: Gordon Bitner, Daniele Terenzi, Rocco Lia, Leopoldo Lo Sciuto, Lorenzo Battagion e Roberto Calamo. Regia, scene, costumi, coreografia e luci sono realizzate dall’affermatissimo Stefano Poda, con il collaboratore Paolo Giani Cei. La messa in scena di Poda è davvero la differenza tra un allestimento bello e curato ed un allestimento anche preciso e visionario. Poda conosce la musica, quindi ogni luce, ombra, passo o gesto è perfettamente aderente alla nota suonata in quel momento e questo non è decisamente un elemento scontato quindi di tutto rilievo; emerge anche lo studio dell’opera e del periodo storico in cui è ambientata (in questo caso il Concilio di Costanza del 1414) e del carattere intimo ed in evidenza dei vari personaggi, riuscendo a narrare la vicenda esponendola in raffronto a problemi che si ripetono ai giorni nostri. Poda è spettacolare e riesce addirittura difficile raccontarlo, talmente tanti sono i messaggi che lancia e le situazioni che evidenzia: “…quando la religione diviene idolatria …è sicuramente pericolosa..” ed aggiungo che sovente è pretesto per guerre, deportazioni, crimini e miserie. Le luci le usa in modo raffinato ed elegante; i costumi intendono contrapporre le identità di cristiani ed ebrei (1414). Usa piani di palco diversi per disegnari i vari scenari ed i diversi punti di osservazione e le differenze di ogni genere. Realizzazione colta e raffinata. La Musica vince sempre....

STEFANO PODA racconta la “sua”Turandot

STEFANO PODA  racconta la “sua”Turandot
Carissimo Stefano, sono rimasto talmente affascinato dalla tua messa in scena di Turandot, qui al Teatro Regio di Torino, che spontanea sorge una domanda: So che il progetto è in toto condiviso con Gianandrea Noseda a cui tu riconosci ampio merito nelle scelte coraggiose; in attesa dell’ultimo atto,  mi i racconti del perché di alcune scelte, ad esempio la moltiplicazione di alcuni personaggi ( e rifacendomi a Guido Gozzano potrei dire che immilli i personaggi)? Grazie Stefano ed un applauso alla tua realizzazione in attesa di un tuo ritorno in Italia ed a Torino a replicare l’immaginifico concreto,  che partendo da Thais è arrivato a Turandot!   Vedi Renzo, reca da sempre grande fascino il dibattito a proposito delle ragioni che impedirono a Puccini di completare la sua ultima opera: c’è chi adduce materialmente l’inquietudine dei primi sintomi della malattia, c’è chi parte dal dato delle lettere in cui il compositore confessa i suoi dubbi drammaturgici sul duetto finale, c’è chi analizza Turandot come un’eroina non pucciniana, e quindi estranea all’ispirazione del maestro. La verità, se non un insieme delle cause di cui sopra, forse è qualcosa che arriva da più lontano: Nel 1920 Puccini aveva esperito ogni forma di successo, era invecchiato oltre i sessant’anni (ricordiamo che Rossini smise di comporre trentottenne, mentre Verdi dopo i sessant’anni non compose che due titoli), aveva assistito alla Grande Guerra, e di sicuro sentiva il peso del tempo che avanzava inesorabile contro al suo modo di fare teatro, la violenza e la modernità del mondo di fronte all’universo intimo e fragile dei suoi personaggi prediletti. Così, inspiegabilmente, si affida per la prima volta (ed ultima, inconsapevolmente) ad un libretto fiabesco, ad uno sfondo fantastico, mentre ogni vicenda da lui musicata era stata concreta, vivida, riconoscibile, popolata di figure che modellano perfettamente sentimenti realistici e concreti. Forse un modo per evadere, o per creare qualcosa di completamente nuovo, o per lasciarsi andare a forme musicali libere di esplorare una certa visionarietà evocativa possibile soltanto in un mondo indefinito: quello che resta ai posteri è il dato che per la sua ultima opera, Puccini ha scelto inconsapevole una forma unica nel suo repertorio; ad aumentarne ancora l’unicità, si aggiunge il fatto che ancor più inopinatamente la morte arrivò a separarlo dalla stesura del finale (ricordiamo che egli si portò le bozze in clinica a Bruxelles!). Queste singolarità intrecciate sono già sufficienti – per un progetto drammaturgico – ad imporre di alzare lo sguardo più lontano rispetto alla vicenda di Turandot: il segreto di analisi di questa partitura non è accanirsi sul cortocircuito della trama, sulla storia d’amore irrisolta ed irrisolvibile, sul contenuto psicanalitico ermetico e desideroso di rimanere tale. Ogni tentativo in tal senso risulterebbe una vana ambizione interpretativa, un’idea intelligente forse ma facilmente rimpiazzabile da altre. No: la vera operazione che può ridonare alla Turandot pucciniana l’immenso valore che essa contiene, è finalmente considerarla come l’opera finale non solo della vita del maestro, non solo il corpo di un finale mozzo, ma come ultimo episodio della grande epopea dell’Opera italiana, cominciata quattro secoli prima con la Camerata de’ Bardi. È così semplice da sembrare ardito scriverlo: Turandot è l’ultimo vero, grande melodramma italiano – almeno nelle forme nate nei secoli addietro e consacrate dal nostro ‘800. Dopo Turandot si continuerà a comporre immensamente, certo, ma in tutt’altra vena: anzi, soprattutto, si continuerà a riesumare ciclicamente il grande repertorio, in una perenne ed ossessiva rievocazione storica dei grandi titoli: da Mozart a Turandot,...

TURANDOT – Teatro Regio Torino – 24 marzo 2018

TURANDOT – Teatro Regio Torino – 24 marzo 2018
Con un atto di superbia che non mi è né consono nè abituale, asserisco che nulla mi interessa dei conservatori e dei  detrattori in riferimento alla conteporaneizzazione della messa in scena delle opere liriche dei secoli scorsi. Senza visione, curiosità e forte introspezione prospettica di ’analisi del mondo che ci circonda, si resta ancorati a tempi che non tornano più e che i più giovani non possono nemmeno più comprendere. La salvaguardia della trama ed il profondo rispetto della scrittura sono sacri, ma EVVIVA a chi sa analizzare, creare , amare, divulgare e magari anche far discutere! Ebbene dopo aver visto la Turandot al Regio di Torino con la maestosa direzione orchestrale di Gianandrea Noseda e la visionaria messa in scena di Stefano Poda,  credo che si possano definitivamente mandare in soffitta archetipi  ammuffiti e stereotipate convinzioni! Per chi non l’avesse capito …ne sono uscito stregato ! E non perché (come dice qualcuno) parteggio per gli amici, ma perché le opere d’arte vanno riconosciute ed io non metto bende sugli occhi, paraorecchi e cerniere chiuse alle labbra…. Ed in grande rispetto ho atteso qualche giorno prima di trasferire le emozioni, per non cadere nella trappola dell’eccessivo entusiasmo scatenatosi nell’immediato. E per chi deve vedere per credere: https://operavision.eu/en/library/performances/operas/turandot# Turandot Dramma lirico in tre atti e quattro quadri Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi Musica di Giacomo Puccini Versione originale incompiuta Personaggi Interpreti La principessa Turandot soprano Rebeka Lokar   Il principe ignoto (Calaf), figlio di Timur tenore   Jorge de León   Liù, giovane schiava soprano Erika Grimaldi   Timur, re tartaro spodestato basso In-Sung Sim L’imperatore Altoum tenore Antonello Ceron Ping, gran cancelliere baritono Marco Filippo Romano Pang, gran provveditore tenore Luca Casalin Pong, gran cuciniere tenore Mikeldi Atxalandabaso Un mandarino baritono Roberto Abbondanza Il principe di Persia tenore Joshua Sanders Seconda ancella soprano Manuela Giacomini Direttore d’orchestra Gianandrea Noseda Regia, scene, costumi, coreografia e luci Stefano Poda Regista collaboratore e assistente Paolo Giani Cei Maestro dei cori Claudio Fenoglio   Orchestra e Coro del Teatro Regio Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi”   La sublimazione di Turandot è avvenuta! Si, Turandot, Liù e tutti i personaggi della narrazione sono stati sublimati e da uno status che tutti gli amanti dell’opera conoscevano, si è passati ad un etereo livello impalpabile, ma tremendamente  reale. Quando a dirigere è un ispirato Gianandrea Noseda e la messa in scena è realizzata genialmente da Stefano Poda ben poco resta da aggiungere, salvo voler essere cavillosi, pretestuosi  e conservatori a tutti i costi! Arcieri in bianco, il colore dominante della scena insieme al nero, appaiono sul palco e vigorosa prorompe la musica  ed il primo livello di beatidutine viene raggiunto. Rebeka Lotar nel ruolo del titolo si vede sottratto il finale, ma riesce comunque ad esprimere la limpidezza del suono e la sicurezza nell’emissione. Liù commuove fino all’ultima corda grazie alla voce di Erika Grimaldi (cui il pubblico riserva il più ampio tributo): è poesia allo stato puro, con modulazioni soffici e vellutate armonizzate da un forte sentimento partecipativo ‘Signore ascolta…’ Jorge de Leon cresce man mano che l’opera procede per giungere al ‘Nessun dorma’ del principe ignoto con convinzione e gradevolezza. Timur è molto ben interpretato da In-Sung Sim che esprime una cifra notevole per colore, autorevolezza e grazia. Antonello Ceron è l’apprezzato Imperatore Altoum, parimenti a Roberto Abbondanza nel ruolo di un mandarino. Le tre maschere sono interpretate da voci interessanti, anche Luca Casalin per il quale hanno annunciato...

FAUST – Teatro Regio di Torino

FAUST – Teatro Regio di Torino
Faust Teatro Regio,Domenica 31 maggio 2015- prova generale   Libretto di Jules Barbier e Michel Carré dall’omonimo poema di Johann Wolfgang von Goethe Musica di Charles Gounod Personaggi Interpreti Il dottor Faust, filosofo tenore Charles Castronovo Méphistophélès basso Ildar Abdrazakov Valentin, soldato, fratello di Marguerite baritono Vasilij Ladjuk Marguerite soprano Irina Lungu Siebel, studente, allievo di Faust mezzosoprano Ketevan Kemoklidze Marthe, custode di Marguerite mezzosoprano Samantha Korbey Wagner, amico di Valentin baritono Paolo Maria Orecchia Direttore d’orchestra Gianandrea Noseda Regia, scene, costumi, coreografia e luci Stefano Poda Assistente Paolo Giani Cei Maestro del coro Claudio Fenoglio   Orchestra e Coro del Teatro Regio Nuovo allestimento  in coproduzione con Israeli Opera (Tel Aviv) e con Opéra de Lausanne GIGANTI A CONFRONTO. Assistere alla produzione in questione è risultata una folgorante, quanto emozionante esperienza; ci si è trovati dinanzi a dei giganti: Charles Gounod, Gianadrea Noseda,  Stefano Poda, artisti stupendi, coro mirabolante. La solenne ouverture dai colori organistici, così come al finale, tratteggia immediatamente la tragedia, il visionario susseguirsi degli avvenimenti. La bacchetta di Gianadrea Noseda, con la consueta rispettosa umiltà con cui affronta tutte le partiture,  carpisce ed affascina per temperamento, delicata sensibilità ed irruente passione; non ha avuto cali ed ha reso trasparente ed intellegibile anche le parti musicali meno vivaci;  un vero gigante della direzione orchestrale dei nostri tempi, che catapultando l’ascoltatore nell’infinito mondo delle emozioni riesce a far vivere ed amare la musica incondizionatamente. In locandina si legge “Regia, scene, costumi, coreografia e luci di Stefano Poda” e pur conoscendo ed apprezzando il complesso e minuzioso lavoro svolto dall’eclettico Poda, ogni volta ci si chiede: come ci riesce? E questa volta ci si è posto lo stesso quesito, ma non prima, ma dopo aver visto il folgorante e mirabolante spettacolo che ha nesso in scena. Con l’assistenza di Paolo Cei Giani ha creato una ruota gigantesca a simboleggiare il cerchio della vita e questo è rimasto l’unico e costante elemento della scena. Lo stupore deriva dall’incredibile efficacia che una scena pressoché fissa,  mutevole solo nei movimenti del cerchio con simbolici inserimenti quali due tronchi bianchi e contorti che tendono i rami l’un l’altro (come gli umani tendono le braccia alla ricerca di conforto),  riesca a proiettare sul pubblico attonito ed affascinato. Le luci sono l’elemento chiave che il gigante della messa in scena sa dosare minuziosamente, come i movimenti scenici, ‘sulla nota’: nulla avviene per caso o scompostamente, ma con raffinata eleganza in simbiosi con il  fluttuare delle note. I colori, dal grigio dominante passano al ramato ed all’ottone, fino ad esplodere nel rosso dei costumi o nel colore delle nudità. Il coro ed i figuranti sono in continua azione con movimenti coreografici  intrisi di Butoh che in una sorta di danza tenebrosa  alternano  movimenti lenti con frenetiche convulsioni a sinuosità evocative. Faust è il raffinato tenore Charles Castronovo, che con buona tenuta della scena è stato particolarmente apprezzato nel duetto con Margherita e nel terzetto anche con Mefistofele, anche grazie al gradevole timbro. Ildar Abdrazakov offre una eccellente interpretazione di Mefistofele con i suoi colori bruniti e  poeticamente arrotondati e con il tono autorevole e grottescamente  ingannatore che il ruolo richiede. Margherita  trova nel soprano Irina Lungu, la dolcezza vocale e l’espressione dolce e sofferta della vittima predestinata. Facile negli acuti e con costante limpidezza sa emozionare e rendere partecipi. Vasilij Ladjuk, impersona Valentin,fratello di Margherita e soldato con impeto ed autorevolezza, con colore caldo ed appasionato.  Ketevan Kemoklidze è l’apprezzata mezzosoprano che da voce a Siebel; Samantha Korbey interpreta efficacemente il...