LA FORZA DEL DESTINO -Teatro Regio di Parma

LA FORZA DEL DESTINO -Teatro Regio di Parma

Ogni tanto fa bene al proprio spirito ricordare delle realizzazioni possenti…..

TEATRO REGIO di PARMA

2 Febbraio 2011

LA FORZA DEL DESTINO

Melodramma in quattro atti

Musica di Giuseppe Verdi

Sul libretto di Francesco Maria Piave

Dal dramma ‘Don Alvaro o La fuerza del sino’ di Angel Perez de Saavedra

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Marchese di Calatrava                             –           Ziyan Afteh

Donna Leonora                                        –           Dimitra Theodossiou

Don Carlo Vargas                                    –           Vladimir Stoyanov

Don Alvaro                                              –           Aquiles Machado

Preziosilla                                                –           Veronica Simeoni

Padre Guardiano                                      –            Roberto Scandiuzzi

Fra Melitone                                            –            Carlo Lepore

Curra                                                       –            Adriana di Paola

Un alcade                                                –            Alessandro Bianchini

Mastro Trabuco                                       –            Myung  Ho Kim

Un chirurgo                                             –            Gabriele Bolletta

 

Maestro Concertatore e direttore            –             Gianluigi Gelmetti

Regia, scene, costumi, coreografie, luci ­-             Stefano Poda

Maestro del Coro                                    –              Martino Faggiani

 

Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma

Nuovo Allestimento del Teatro Regio di Parma

S.P

 

LA FORZA DEL DESTINO : fato e  maledizione incombono  sulle sorti degli uomini!

Dopo lo scarso successo riscosso alla prima di San Pietroburgo il 10 novembre del 1862 con il testo di Piave, ed  i più benevoli consensi ottenuti alla prima italiana alla  Scala di Milano il 27 febbraio 1862, dopo la riscrittura dello ‘scapigliato’ Ghislanzoni’, ‘La Forza del destino’ è stata più volte riproposta  dai più grandi teatri d’opera del mondo.

Al Regio di Parma, con la realizzazione dell’eclettico Stefano Poda, sua la regia, le  scene, i  costumi, le coreografia e le  luci, è stato raggiunto un vertice eccelso che anche il rigoroso pubblico parmense ha dimostrato di gradire fin dalla prima del 28 gennaio 2011.

E’ arduo il compito di reperire definizioni che ben  si attaglino e descrivano in modo aderente  ed esaustivo la genialità della messa in scena, mentre è fin troppo facile parlare di visioni, suggestioni ed emozioni che scaturiscono dal profondo, alla vista della cupezza della scena,  così come  è cupa la vicenda  narrata. Unica interruzione sono i fasci di luce che tagliano la scena così come nella cultura cui fa riferimento la narrazione,  la luce divina scende ad  intervenire sulla umana terrestrità.

La scenografia ha  rimandi simbolici alla sontuosità ed alla gestualità della  liturgia ecclesiastica  nel momento della sua più alta espressione e rappresentazione;  qui si  realizza attraverso un  perfetto incastro tra narrazione e  partitura, coinvolgendo lo spettatore al punto  che,  subendo il fascino della scena, diventa parte attiva e creativa, in  un   tutt’uno con il palco.

L’ouverture inizia con  palcoscenico buio e fumi che sovrastano l’orchestra ad avvolgere le celeberrime note che diventano poi leit motiv dell’opera verdiana.

L’orchestra inizia in modo pacato, ma poi prende vigore drammatico ad accogliere Donna Leonora interpretata da Dimitra Theodossiou – debuttante il ruolo-, che  subito calata nella parte, presenta  buone doti vocali soprattutto nel fraseggio, nei lunghi ‘assolo’, nei pianissimi e nei filati, supportati da una convincente interpretazione drammatica.

Giuseppe Verdi, in quest’opera ha previsto che ogni personaggio  abbia un ruolo ben definito e rappresentativo, evidenziandolo e caratterizzandolo, senza trascurare la spettacolarità coinvolgente  dei brani a più voci ed il ruolo del coro che contribuisce all’affresco, dipinto con tutte le alternanze della vita!

Il primo duetto è quello tra Leonora e Don Alvaro ‘Dividerci il fato non potrà ’: le corrette prese di fiato di lei, la partecipata e piacevole vocalità  del tenore venezuelano Aquiles Machado , ricevono molti consensi dando l’avvio ad una rappresentazione di grande peso (nella serata in questione è stata effettuata la  registrazione del  dvd). Circa la  globale riuscita della realizzazione non è assolutamente da sottacere il geniale contributo  di Poda  che,  ad eccezione della parte musicale, firma  la totalità dell’impianto.

Con materiali ‘poveri’ quali polistirolo e carta è riuscito a creare  rilucenti e tenebrose – al tempo stesso-  ambientazioni di forte impatto visivo ed emozionale, pur utilizzando solo un breve range di colori,  che va  dal grigio perla al nero; efficace collocazione nel tempo della narrazione, seppur  in spazi dilatati , valorizzati da   luci ed ombre  raffinate ed incisive che sapientemente gestite  diventano elementi protagonisti, come i costumi realizzati con stoffe bruciate e sbrindellate.

L’orchestra del Teatro Regio di Parma è diretta da Gianluigi Gelmetti  che pur senza scavare costantemente   nella profondità drammatica dell’opera  dirige in costante  sintonia con  orchestra e  cantanti tanto da far risultare una buona riuscita,   partecipata ed integrata fra tutti gli elementi; in orchestra    molti giovani  che seguendo puntualmente i gesti del direttore,  traggono  tutte le  intimistiche atmosfere che la partitura impone.

Ziyan Afteh   che ha la giusta fisicità per calare i  panni del Marchese di Calatrava risulta impegnato al limite della potenza  in un ruolo breve, ma determinante.

Quando Leonora giunge travestita da uomo alla taverna, non incontra i soliti ubriaconi che fanno grossolani brindisi, ma una rappresentazione coreografica  che con ballerini  in rigoroso nero si muovono in una moderna danza a  scatti, al limite del ‘mimo’ che infonde raffinata e sobria eleganza alla scena che prevede anche  la presenza del  coro, che  diretto da Martino Faggiani, è all’altezza della situazione meditativa ed evocativa;

I diversi  interventi coreutica prevedono anche delle voci soliste,  rappresentate da punte di qualità.

I  pellegrini, una volta tanto non incappucciati, hanno comunque il volto coperto in nero, come nelle antiche tradizionali  processioni spagnole; si  muovono lentissimi e portano stendardi neri, quasi trasparenti, mossi da un debole vento.

E’ poi la volta  di Myung Ho Kim  che riesce simpatico e piacevole  nelle vesti prima di mulattiere e poi di mastro di Trabucco, nonostante qualche forzatura ed un timbro non sempre limpidissimo.

Veronica Simeoni, ovvero la zingara Preziosilla, sa tenere bene la scena e  nel ‘Rataplan’ del finale del III° atto risulta  autentica nella parte con un colore più appassionato e variegato.

Le pareti del palazzo dei Calatrava del I atto,  vengono   spostate a scena aperta  a costruire il convento, rappresentato da una grande croce in verticale, aperta verso l’alto a simboleggiare l’accettazione che la luce ‘superiore’ può partire e giungere da ogni parte, senza costrizione alcuna.

E’ qui che Donna Leonora ed il Padre Guardiano duettano nel ‘Più tranquilla l’alma sento’ e la commovente Theodossiou è in  equilibrata sintonia con Roberto Scandiuzzi che incute timore reverenziale  ancorché rasserenante, con un bel timbro profondo ed intonazione calibrata.

I tagli di luce spariscono, lasciando che le ombre prevarichino nella caverna dell’eremita, solo d’intorno rischiarata da torce vere che si consumeranno in scena.

Grande momento d’organo a cui seguono i violini ed all’improvviso il Padre Guardiano, che fa sdraiare a terra i frati per giurare di non tradire il segreto di Leonora, costringendoli nella posizione del più grande voto assunto, quasi a rinnovarlo  di fronte a Dio.

A Don Carlo Vargas il ruolo impone solo il senso del ‘non perdono’ e  della vendetta ed il baritono bulgaro Vladimir Stoyanov è efficace nell’infondere al personaggio le peculiarità che gli sono proprie.

La battaglia  si concretizza attraverso una superba coreografia che vede corpi a terra, in parte aggrovigliati con sullo sfondo il finale  della battaglia: corpi indefiniti ed accatastati, sovrastati da corpi appesi a simboleggiare l’estremo risultato di essa: la morte inflitta da tutte le guerre di tutti i tempi a uomini incapaci ed impotenti nei loro corpi mortali.

Grazie alla  continuità di emissione e grande forza interpretativa, Carlo Lepore è l’applauditissimo

Fra Melitone; la brillante interpretazione, che interrompe la grevità della vicenda,   fa ringraziare che Giuseppe Verdi non abbia ceduto alle pressioni di Tito Ricordi che gli suggeriva di eliminare la parte.

Adriana di Paola, nelle vesti di Curra, Alessandro Bianchini in quelle di un Alcade e Gabriele Bolletta nel ruolo del chirurgo soddisfano le attese, ben delineando i loro personaggi seppur in poche battute.

‘La Vergine degli Angeli’ e ‘Pace pace mio Dio’ sono pagine che trasudano bellezza melodica e poesia intimistica, qui amplificate  da una grande croce posta in diagonale, come piombata  a terra insieme alle sofferenze dei personaggi della vicenda.

L’orchestra ed il palcoscenico compiono insieme un viaggio attraverso le fasi della vita, in un percorso verso la luce suprema, esaltata da un pulviscolo dorato che scende in un fascio di luce centrale.

Il severo pubblico del Regio ha applaudito più volte a scena aperta con ovazioni e richieste di bis.

Alla fine esplode un lungo applauso che richiama più volte tutti i cantanti, il direttore del coro, il direttore dell’orchestra ed il regista ‘onnirealizzatore’ .

La musica vince sempre!

Renzo Bellardone.

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