ORFEO – Teatro Regio di Torino – 18 marzo 2018

ORFEO – Teatro Regio di Torino – 18 marzo 2018
Rappresentata in occasione del carnevale mantovano del 1607, ancora oggi è estremamente piacevole vivere il racconto di Orfeo che per amore segue l’amata Euridice all’Inferno, in una sorta di favolistica mitologia. La Musica è eterna e come canta nel prologo di Orfeo “Io la Musica son, ch’a i dolci accenti so far tranquillo ogni turbato core, et hor di nobil ira et hor d’amore, posso infiammare le più gelate menti.”   L’Orfeo – Teatro Regio di Torino – 18 marzo 2018   Favola in musica in un prologo e cinque atti Libretto di Alessandro Striggio Musica di Claudio Monteverdi   Personaggi Interpreti La Musica e Proserpina soprano Roberta Invernizzi Orfeo baritono Mauro Borgioni Euridice soprano Francesca Boncompagni La Messaggera e La Speranza mezzosoprano Monica Bacelli Caronte basso Luigi De Donato Plutone basso Luca Tittoto Apollo e Primo pastore tenore Fernando Guimarães La Ninfa soprano Leslie Visco Eco e Secondo spirito tenore Joshua Sanders Primo spirito e Secondo pastore tenore Luca Cervoni Terzo pastore contralto Marta Fumagalli Quarto pastore e Terzo spirito basso Davide Motta Fré Enrico Bava (15, 17) Realizzazione del basso continuo Strumentisti della Cappella Neapolitana Direttore d’orchestra Antonio Florio Regia Alessio Pizzech Scene Davide Amadei Costumi Carla Ricotti Coreografia Isa Traversi Luci Andrea Anfossi Maestro del coro Andrea Secchi Orchestra e Coro del Teatro Regio Con la partecipazione dell’Ensemble strumentale La Pifarescha Credit Foto Ramella&Giannese – Edoardo Piva     Poco importa essere certi del fatto che l’Orfeo di Monteverdi sia realmente stata la prima composizione operistica o se antecedenti potrebbero averne il merito; in ogni caso è da quel 24 febbraio del 1607, data della prima rappresentazione a Palazzo Ducale di Mantova che l’ardita opera viene rappresentata abitualmente nei teatri d’opera ed in tutto il mondo viene ancora molto apprezzata. (Interessante in proposito il commento di Marco Leo in apertura del libretto di Sala dedicato). La narrazione si svolge dai campi della Tracia e poi nell’Oltretomba; l’opera inizia con una toccata  strumentale ricca di fioritura di trombe e ritmati tamburi che  precedono  l’entrata della Musica, rappresentante lo “spirito della musica”, che canta il celeberrimo prologo, anteprima della sua stessa esaltazione: La Musica invita all’ascolto e poi enuncia le sue abilità e talenti ….”so far tranquillo ogni turbato core” (facendo da subito apprezzare il libretto di Alessandro Striggio. La messa in scena torinese è particolare, seppur non innovativa, ma lascia qualche punto di domanda sulle scelte scenografiche: se i prati fioriti sono deliziosamente primaverili e le cupe scene agl’Inferi turbano, risulta di meno facile   comprensione  l’installazione di enormi pannelli che, con una impennata di fantasia, forse ricordano il Palazzo della Prima; anche per i costumi si è avuto lo stesso atteggiamento, per le diverse epocalizzazioni  e  contestualizzazioni. Trovate poco utilizzate le luci, mentre rilevata la  grande efficacia  della scena con la barca di Caronte. Il Maestro Antonio Florio, attento ricercatore e profondo conoscitore del repertorio barocco oltre che fondatore della Cappella della Pietà dei Turchini è apprezzato  anche in questa occasione per l’ampio e significativo gesto, di lettura immediata e con risultati interessanti di scavo ed esaltazione. La regia di Alessio Pizzech è piacevole ed attenta al risultato d’insieme, coadiuvato dalle contemporanee ed audaci coreografie di Isa Traversi che fa simulare amori saffici ed amori senza inibizioni – un plauso sincero alle ballerine ed ai ballerini. Il cast è certamente di livello e consono al repertorio a partire da Roberta Invernizzi, grande interprete dell’epoca barocca, la quale nel ruolo della Musica entra in scena per il celebre prologo, dove esprime immediatamente le sue doti con timbricità e gradevolezza. Euridice viene interpretata...

STEFANO PODA racconta la “sua”Turandot

STEFANO PODA  racconta la “sua”Turandot
Carissimo Stefano, sono rimasto talmente affascinato dalla tua messa in scena di Turandot, qui al Teatro Regio di Torino, che spontanea sorge una domanda: So che il progetto è in toto condiviso con Gianandrea Noseda a cui tu riconosci ampio merito nelle scelte coraggiose; in attesa dell’ultimo atto,  mi i racconti del perché di alcune scelte, ad esempio la moltiplicazione di alcuni personaggi ( e rifacendomi a Guido Gozzano potrei dire che immilli i personaggi)? Grazie Stefano ed un applauso alla tua realizzazione in attesa di un tuo ritorno in Italia ed a Torino a replicare l’immaginifico concreto,  che partendo da Thais è arrivato a Turandot!   Vedi Renzo, reca da sempre grande fascino il dibattito a proposito delle ragioni che impedirono a Puccini di completare la sua ultima opera: c’è chi adduce materialmente l’inquietudine dei primi sintomi della malattia, c’è chi parte dal dato delle lettere in cui il compositore confessa i suoi dubbi drammaturgici sul duetto finale, c’è chi analizza Turandot come un’eroina non pucciniana, e quindi estranea all’ispirazione del maestro. La verità, se non un insieme delle cause di cui sopra, forse è qualcosa che arriva da più lontano: Nel 1920 Puccini aveva esperito ogni forma di successo, era invecchiato oltre i sessant’anni (ricordiamo che Rossini smise di comporre trentottenne, mentre Verdi dopo i sessant’anni non compose che due titoli), aveva assistito alla Grande Guerra, e di sicuro sentiva il peso del tempo che avanzava inesorabile contro al suo modo di fare teatro, la violenza e la modernità del mondo di fronte all’universo intimo e fragile dei suoi personaggi prediletti. Così, inspiegabilmente, si affida per la prima volta (ed ultima, inconsapevolmente) ad un libretto fiabesco, ad uno sfondo fantastico, mentre ogni vicenda da lui musicata era stata concreta, vivida, riconoscibile, popolata di figure che modellano perfettamente sentimenti realistici e concreti. Forse un modo per evadere, o per creare qualcosa di completamente nuovo, o per lasciarsi andare a forme musicali libere di esplorare una certa visionarietà evocativa possibile soltanto in un mondo indefinito: quello che resta ai posteri è il dato che per la sua ultima opera, Puccini ha scelto inconsapevole una forma unica nel suo repertorio; ad aumentarne ancora l’unicità, si aggiunge il fatto che ancor più inopinatamente la morte arrivò a separarlo dalla stesura del finale (ricordiamo che egli si portò le bozze in clinica a Bruxelles!). Queste singolarità intrecciate sono già sufficienti – per un progetto drammaturgico – ad imporre di alzare lo sguardo più lontano rispetto alla vicenda di Turandot: il segreto di analisi di questa partitura non è accanirsi sul cortocircuito della trama, sulla storia d’amore irrisolta ed irrisolvibile, sul contenuto psicanalitico ermetico e desideroso di rimanere tale. Ogni tentativo in tal senso risulterebbe una vana ambizione interpretativa, un’idea intelligente forse ma facilmente rimpiazzabile da altre. No: la vera operazione che può ridonare alla Turandot pucciniana l’immenso valore che essa contiene, è finalmente considerarla come l’opera finale non solo della vita del maestro, non solo il corpo di un finale mozzo, ma come ultimo episodio della grande epopea dell’Opera italiana, cominciata quattro secoli prima con la Camerata de’ Bardi. È così semplice da sembrare ardito scriverlo: Turandot è l’ultimo vero, grande melodramma italiano – almeno nelle forme nate nei secoli addietro e consacrate dal nostro ‘800. Dopo Turandot si continuerà a comporre immensamente, certo, ma in tutt’altra vena: anzi, soprattutto, si continuerà a riesumare ciclicamente il grande repertorio, in una perenne ed ossessiva rievocazione storica dei grandi titoli: da Mozart a Turandot,...

TURANDOT – Teatro Regio Torino – 24 marzo 2018

TURANDOT – Teatro Regio Torino – 24 marzo 2018
Con un atto di superbia che non mi è né consono nè abituale, asserisco che nulla mi interessa dei conservatori e dei  detrattori in riferimento alla conteporaneizzazione della messa in scena delle opere liriche dei secoli scorsi. Senza visione, curiosità e forte introspezione prospettica di ’analisi del mondo che ci circonda, si resta ancorati a tempi che non tornano più e che i più giovani non possono nemmeno più comprendere. La salvaguardia della trama ed il profondo rispetto della scrittura sono sacri, ma EVVIVA a chi sa analizzare, creare , amare, divulgare e magari anche far discutere! Ebbene dopo aver visto la Turandot al Regio di Torino con la maestosa direzione orchestrale di Gianandrea Noseda e la visionaria messa in scena di Stefano Poda,  credo che si possano definitivamente mandare in soffitta archetipi  ammuffiti e stereotipate convinzioni! Per chi non l’avesse capito …ne sono uscito stregato ! E non perché (come dice qualcuno) parteggio per gli amici, ma perché le opere d’arte vanno riconosciute ed io non metto bende sugli occhi, paraorecchi e cerniere chiuse alle labbra…. Ed in grande rispetto ho atteso qualche giorno prima di trasferire le emozioni, per non cadere nella trappola dell’eccessivo entusiasmo scatenatosi nell’immediato. E per chi deve vedere per credere: https://operavision.eu/en/library/performances/operas/turandot# Turandot Dramma lirico in tre atti e quattro quadri Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi Musica di Giacomo Puccini Versione originale incompiuta Personaggi Interpreti La principessa Turandot soprano Rebeka Lokar   Il principe ignoto (Calaf), figlio di Timur tenore   Jorge de León   Liù, giovane schiava soprano Erika Grimaldi   Timur, re tartaro spodestato basso In-Sung Sim L’imperatore Altoum tenore Antonello Ceron Ping, gran cancelliere baritono Marco Filippo Romano Pang, gran provveditore tenore Luca Casalin Pong, gran cuciniere tenore Mikeldi Atxalandabaso Un mandarino baritono Roberto Abbondanza Il principe di Persia tenore Joshua Sanders Seconda ancella soprano Manuela Giacomini Direttore d’orchestra Gianandrea Noseda Regia, scene, costumi, coreografia e luci Stefano Poda Regista collaboratore e assistente Paolo Giani Cei Maestro dei cori Claudio Fenoglio   Orchestra e Coro del Teatro Regio Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi”   La sublimazione di Turandot è avvenuta! Si, Turandot, Liù e tutti i personaggi della narrazione sono stati sublimati e da uno status che tutti gli amanti dell’opera conoscevano, si è passati ad un etereo livello impalpabile, ma tremendamente  reale. Quando a dirigere è un ispirato Gianandrea Noseda e la messa in scena è realizzata genialmente da Stefano Poda ben poco resta da aggiungere, salvo voler essere cavillosi, pretestuosi  e conservatori a tutti i costi! Arcieri in bianco, il colore dominante della scena insieme al nero, appaiono sul palco e vigorosa prorompe la musica  ed il primo livello di beatidutine viene raggiunto. Rebeka Lotar nel ruolo del titolo si vede sottratto il finale, ma riesce comunque ad esprimere la limpidezza del suono e la sicurezza nell’emissione. Liù commuove fino all’ultima corda grazie alla voce di Erika Grimaldi (cui il pubblico riserva il più ampio tributo): è poesia allo stato puro, con modulazioni soffici e vellutate armonizzate da un forte sentimento partecipativo ‘Signore ascolta…’ Jorge de Leon cresce man mano che l’opera procede per giungere al ‘Nessun dorma’ del principe ignoto con convinzione e gradevolezza. Timur è molto ben interpretato da In-Sung Sim che esprime una cifra notevole per colore, autorevolezza e grazia. Antonello Ceron è l’apprezzato Imperatore Altoum, parimenti a Roberto Abbondanza nel ruolo di un mandarino. Le tre maschere sono interpretate da voci interessanti, anche Luca Casalin per il quale hanno annunciato...

FALSTAFF – Teatro Regio Torino 18 e 19 Novembre 2017

FALSTAFF – Teatro Regio Torino 18 e 19 Novembre 2017
Per introdurre alla lettura del commento al Falstaff andato in scena al Teatro Regio di Torino, credo che nulla sia più efficace delle ultime battute del libretto di Arrigo Boito, lietamente condiviso da un Verdi ormai al suo ultimo capolavoro, che sigilla la fine della sua scrittura con una ironica risata : “Tutto il mondo è burla, L’uom è nato burlone, nel suo cervello ciurla sempre la sua ragione. Tutti gabbati! Irride l’un l’altro ogni mortal, ma ride ben chi ride la risata final… Tutti gabbati! ah!ah!ah! tutti gabbati!” FALSTAFF – Teatro Regio Torino 18 e 19 Novembre 2017 Falstaff Commedia lirica in tre atti Libretto di Arrigo Boito dalla commedia Le allegre comari di Windsor e dal dramma La storia di Enrico IV di William Shakespeare Musica di Giuseppe Verdi Personaggi Interpreti Sir John Falstaff baritono Carlos Álvarez Carlo Lepore (18) Ford, marito di Alice baritono Tommi Hakala  Simone Del Savio (18) Fenton tenore Francesco Marsiglia Iván Ayón Rivas (18) Mrs. Alice Ford soprano Erika Grimaldi Rocío Ignacio (18) Nannetta, figlia di Alice e di Ford soprano Valentina Farcaş  Damiana Mizzi (18) Mrs. Quickly contralto Sonia Prina Mrs. Meg Page mezzosoprano Monica Bacelli Clarissa Leonardi (18) Dottor Cajus tenore Andrea Giovannini Bardolfo seguace di Falstaff tenore Patrizio Saudelli Pistola, seguace di Falstaff basso Deyan Vatchkov Direttore d’orchestra Donato Renzetti Regia Daniele Abbado Regista collaboratore Boris Stetka Scene Graziano Gregori Costumi Carla Teti Luci Luigi Saccomandi Assistente alle scene Angelo Linzalata Assistente ai costumi Agnese Rabatti Maestro del coro Claudio Fenoglio   Orchestra e Coro del Teatro Regio Allestimento Teatro Regio   In collaborazione con    L’amore di Verdi per Shakespeare, dopo le frequentazioni in Macbeth e Otello,  raggiunge la somma vetta quando oramai anziano si prende il tempo, senza gli assilli imposti dalle commissioni,  per dedicarsi a Falstaff ed alle Allegri comari di Windsor; da questo diletto scaturisce una lieta scrittura che ironicamente asseconda le vicende in burla e dove le foreste non son più minacciosamente avanzanti come quella di Birnam in Macbeth, ma racchiudono elfi,  folletti e fate che si divertono a spaventare un impaurito Falstaff. L’allestimento proposto dal Regio di Torino e firmato da Daniele Abbado alla regia e Graziano Gregori alle scene riflette un po’ l’influenza dell’ultima Tosca dove l’impianto scenico già era una pedana rotonda, che nel caso di Falstaff  raccoglie però la modernità, citando una ridente emoticon che si evidenza quando la linea curva in basso  (la bocca) si illumina e le due botole laterali si sollevano quasi ad indicare gli occhi…. Regia contemporanea che non rifugge rimandi classici ed impianto scenico pressoché fisso, salvo il sipario rosso che delimita le scene e gli arredi sospesi in aria, calati solo all’occorrenza. Buoni i tagli di luce di Luigi Saccomandi e scelte tra il moderno ed il classicheggiante per i costumi di Carla Teti. Il coro seppur con breve intervento risulta sempre rilevante sotto la direzione di Claudio Fenoglio. Il giorno 19 la recita prevedeva la voce chiara e possentemente timbrata di Carlos Alvarez  per realizzare sir John Fastaff, mentre Tommi Hakala ha sfoderato un fraseggio chiaro ed un tono importante per dar vita a Ford, mentre Francesco Marsiglia ha interpretato Fenton con un tratto quasi poetico della voce ben calibrata e morbida. Il soprano Erika Grimaldi è risultata ottima Alice Ford con la ben nota voce limpida e facile nei passaggi che incanta sempre il pubblico; Valentina Farcas  ben esprime il carattere della giovane Nannetta, mentre Sonia Prina, seppur indisposta, ha affrontato con piglio e sicurezza Mrs Quickly e Monica Bacelli ha sottolineato Mrs. Meg Page. Come Sonia Prina anche...

TRISTANO e ISOTTA – Teatro Regio Torino, prova generale 8 ottobre 2017

TRISTANO e ISOTTA – Teatro Regio Torino, prova generale 8 ottobre 2017
Se mi è concessa una riflessione, da non filosofo, ma da sensibile essere vivente, direi che l’immortalità è prerogativa dell’arte, tutto il resto è temporale, caduco. Pensiamo alle note di Wagner che parlano di morte ed a distanza di circa 150 anni sono vive e pulsanti e sopravvivono al grande compositore… TEATRO REGIO TORINO Generale  8 ottobre 2017 Tristano e Isotta Azione in tre atti Libretto di Richard Wagner edizione in lingua originale tedesca Musica di Richard Wagner Personaggi Interpreti Tristan, nipote di Marke e amante di Isolde tenore Stefan Vinke Isolde, principessa irlandese e promessa di Marke soprano Rachel Nicholls Re Marke, re di Cornovaglia basso Steven Humes Kurwenal, servo e amico di Tristan baritono Martin Gantner Brangäne, damigella di Isolde mezzosoprano Michelle Breedt Melot, cavaliere del re Marke tenore Jan Vacík Un pastore tenore Joshua Sanders Un timoniere baritono Giuseppe Capoferri  Un giovane marinaio tenore Patrick Reiter Direttore d’orchestra Gianandrea Noseda Regia Claus Guth Ripresa da Arturo Gama Scene e costumi Christian Schmidt Luci Jürgen Hoffmann Maestro del coro Claudio Fenoglio   Orchestra e Coro del Teatro Regio   Allestimento Opernhaus Zürich Prima italiana al Teatro Regio   Credo sia quasi poco umile, disquisire su un’opera wagneriana come il Tristan, ma effettivamente circa la scrittura musicale o poetica e fuori dubbio che viva eterna tra le più alte dimensioni del firmamento compositivo! Noi, poveri mortali, tutt’al più possiamo esprimere qualche impressione ed emozione ricavata nel vederne la rappresentazione, seppur in forma di generale, dove però tutti hanno dato il massimo dell’impegno. La direzione di Gianandrea  Noseda  sontuosamente  poetica e  lirica ‘scava’ nei meandri della partitura cogliendo i dettagli più reconditi a comporre una meraviglioso arazzo fatto di sottili sfumature e passioni tumultuose. Si colgono sussurate emozioni ed urla disperate. La regia di Claus Guth ripresa da Arturo Gama e le scene ed i costumi di Christian Schmidt sono efficacemente sospese  in un indefinito tempo moderno, che non manca di accostare più facilmente la corposa produzione. Colori museali e raffinati in un mix di scelte e luci apparentemente semplici, ma decisamente curate di   Jürgen Hoffmann. Degno di nota l’effetto acqua proiettato sul fondale e esaustivo l’impianto scenico girevole, assolutamente non banale. Il breve intervento del coro diretto da Claudio Fenoglio dà la cifra delle potenzialità.                           Le voci, tutte apprezzate, hanno riscosso ampi consensi: Tristano è interpretato con caparbietà e professionalità da Stefan Vinke, il quale affascina per colore e timbro.  Isolde incontra la voce dell’appasionata Rachel Nicholls, che facile negli acuti si libra brillantemente a  volteggiare  aerea o a scendere cupa nei sentimenti mortali. Quasi tutti gli interpreti del cast sono ascoltati per la prima volta, ma questa è risultata una piacevole emozione. Stefen Humes dà voce a Marke, re di Cornovaglia  cui imprime autorevolezza con il massiccio tono brunito e forte carica interpretativa. Michelle Breedt è una magnifica Brägane che ha affascinato vocalmente per i bei colori ed attorialmente per la carica emotiva impressa. Una nota interessante della messa in scena: all’inizio Isolde e  Brägane hanno lo stesso abbigliamento,  forse ad esprimere due forze paritarie? Non dimentichiamo che tutto succede per la scelta di Brägane di sostituire il filtro della morte con il filtro dell’amore ed il brindisi di morte si tramuta così in un brindisi d’amore! Martin Gantner veste i panni di Kurwenall offrendo un’interpretazione di livello e grande duttilità vocale. Jan Vacik interpreta un interessante Melot. Bravi davvero tutti gli interpeti per una produzione ingegnosa, ma immediata. La Musica Vince sempre Renzo Bellardone...